lunedì 16 aprile 2012

Intervista alla filosofa Laura Boella





Che significato ha il perdono e che funzione svolge nella società? Ne discutiamo con Laura Boella, docente di filosofia morale presso l'Università degli Studi di Milano, autrice di “ Neuroetica: la morale prima della morale” (Cortina)
Come definirebbe, innanzitutto, il concetto di 'perdono'? 
  
 L’etimologia della parola perdono rimanda alla “rinuncia”, per esempio a ricorrere al diritto, e anche allo scusare. Perdonare si associa però anche al dono – donare in eccesso, il dono d’amore disinteressato, incondizionato, un dono che non dà nulla, ma restituisce tutto.
L’autentico significato del perdono può essere oggi affermato considerandolo una dimensione dell’azione: esso rappresenta infatti l’altra faccia del rischio dell’agire che salva la libertà umana in nome di una forma nuova di responsabilità. Ciò avviene innescando una dinamica gratuita e dispendiosa del lasciar andare. L’essenza del perdono consiste nel restituire la capacità di agire a un soggetto che rischierebbe di restare inchiodato all’azione compiuta, se non gli si offrisse la possibilità di diventare qualcosa di diverso da ciò che ha fatto.


Esistono comportamenti rispetto ai quali non solo è lecito non perdonare ma diventa addirittura moralmente giusto e doveroso astenersi dal perdono? Interrogativi che vengono suggeriti anche a Derrida dalla tesi sostenuta da Jankélévitch nel suo "L'Imprescriptible".

La questione del perdono raccoglie molte delle domande lasciate aperte dagli eventi che hanno segnato non solo la storia del ‘900, ma si potrebbe dire la storia dell’intera civiltà umana. In ogni caso, essa si è posta con particolare forza dopo la Shoah. Qui, in effetti, il dilemma del perdono si è strettamente collegato all’imperdonabilità e imprescrittibilità del male. Derrida sostiene che si perdona solo l'imperdonabile, affermando in questo modo un'idea di perdono puro e incondizionato, nella realtà impossibile. Jankélévitch parlava invece di "follia" del perdono, ossia di assolutezza e gratuità dell'atto di amore in cui consiste il perdono. Queste tesi pongono, come ha notato Ricoeur, il problema del rapporto del perdono con la giustizia. Io ritengo che il perdono, piuttosto che incondizionato e quindi impossibile, debba essere "condizionato".Si perdona la persona e non l’azione compiuta (che può restare imperdonabile). Il perdono è un atto che non può essere ordinato. E’ necessario che il colpevole chieda perdono, ma non può scusarsi, piuttosto deve manifestare il desiderio di ricominciare, pur sapendo che esiste la possibilità di non essere perdonato, perché esiste l’imperdonabile e chi non perdona.


Cosa pensa dell'applicazione del concetto di perdono nei casi di cronaca nera particolarmente efferati? Cosa pensa, per esempio, riguardo alla "strage di Erba", del 'perdono' che il signor Castagna ha pubblicamente concesso a Rosa e Olindo?
 
Il perdono è oggi purtroppo oggetto di un uso strumentale, enfatizzato dai media che confondono perdonare e scusare o rimettere un debito. L'atto di perdonare è strettamente personale, anche se i suoi effetti hanno importanti ricadute sociali e politiche, legate alla necessità di ricomporre lacerazioni e ferite nel tessuto della convivenza. In ogni caso, un gesto di perdono ha sempre una funzione di esempio e può interrompere il linguaggio dell'odio e del risentimento.

Intervista al filosofo Gianfranco Dalmasso





1) Professor Dalmasso, qual'e' la sua posizione circa il recente dibattito tra Gianni Vattimo e Maurizio Ferraris?
Secondo lei, possiamo considerarci ancora postmoderni o stiamo per diventare neo realisti, ritornando al "pensiero forte"?

Il dibattito fra New Realism e filosofie dell’interpretazione sembra arenarsi fin dal suo nascere in una sorta di match pari contrassegnato da una insormontabile sterilità. La preoccupazione da cui è nato il “Manifesto” proposto da Maurizio Ferraris ha certamente individuato una deriva nichilistica del pensiero postmoderno insostenibile proprio a partire dall’interna esclusione di ogni punto di riferimento. D’altra parte, la filosofia ermeneutica nella seconda metà del secolo scorso ha avuto il merito di porsi come domanda radicale sul significato delle cose al di là dei punti di vista e delle visioni del mondo. La sua “debolezza” ne ha costituito certo un limite, talvolta compiaciuto, ma d’altra parte ha rilanciato incessantemente un disagio, un imbarazzo che è connaturato a una domanda e ad una mancanza da cui nasce l’umano.


2)Come giudica questa attuale riscoperta del realismo, dopo 30 anni di "pensiero debole"' questa riscoperta della realta' dopo tanta ermeneutica?

L’interpretazione non può essere certo – dicevano i latini – “sibi permissa”. Diremmo oggi: a ruota libera. Che però il limite e il punto di riferimento a tale deriva sia una realtà esterna, cioè le cose come si danno nella loro immediatezza sensibile e secondo il “buon senso” mi sembra una posizione molto ingenua. Il filosofo comunque non si accontenta di toccare il tavolo e bere la birra, ma è filosofo in quanto si chiede che significato ciò abbia per lui.


3)Cosa pensa della lettura debolista della religione che dà Vattimo, specialmente in "Credere di credere"? Che spazio c'è oggi per la religione e per la religione intesa in che modo? Che rapporto può esserci tra questo ritorno al "realismo" di cui parlano alcuni e le religioni confessionali, le Chiese (in particolare il cattolicesimo)? Questo ritorno al realismo è soprattutto o soltanto un trionfo della scienza, delle tecnoscienze, o può significare anche un nuovo spazio e una nuova vitalità per le religioni, che nella filosofia contemporanrea (da Nietzsche alla società dei consumi e all'ermeneutica e al postmodernismo di Vattimo, passando attraverso le ideologie politiche degli anni Sessanta-Settanta) sono state o uccise (descritte come moribonde o morte) o indebolite?

In “Credere di credere” Vattimo intende criticare una concezione ristretta, feticizzata, della ragione. In questo modo, tuttavia, in assenza di un recupero di più larghe e tradizionali concezioni della razionalità, che implicano un andare al di là, una “trascendenza”, egli è costretto a rinchiudere il luogo del conferimento del significato in una soggettività che non può che arrendersi a se stessa.
D’altra parte non credo che sia una concezione della realtà, questa volta essa stessa feticistica, a sbloccare questa impasse. La chance della ragione che cerca di affrontare la domanda sulla sua origine, consiste, io credo, nello sfuggire al puro esercizio di un dominio dei significati, sia di quelli di cui parlano le neuroscienze, sia di ideologie totalitarie, magari perseguenti un fine religioso.

4) In base agli sviluppi sociali, economici e politici del mondo contemporaneo, quale reputa che sia il ruolo della filosofia, dei filosofi, oggi?
Quali sono, parafrasando Vattimo, i fini della filosofia contemporanea?

Credo che il fascino inesausto della filosofia non stia tanto nella potenza, pur impressionante, del suo status disciplinare, cioè i grandi testi dei grandi filosofi, ma piuttosto nella passione di una domanda sulla propria origine e sull’origine del proprio desiderio. Al filosofo, io credo, non può chiedersi un sostegno alla soluzione delle questioni sociali, economiche e morali, quanto la giustizia, più radicale, di un discorso che sia in grado di porre delle domande sul rapporto tra sé e tali problemi. Il “fine” della filosofia mi sembra essere un discorso che non abbia la forma del dominio e che proprio per questo possa accogliere un uomo restituito a se stesso.

venerdì 23 marzo 2012

Libreria Torriani: Tonino Guerra. Polvere di sole

Libreria Torriani: Tonino Guerra. Polvere di sole: Tonino Guerra, il grande poeta e sceneggiatore (sua tra l'altro la sceneggiatura di Amarcord di Federico Fellini), è morto oggi all'età di ...

Pasolini in salsa piccante - Marco Belpoliti





I maestri si mangiano in salsa piccante, dice il Corvo nel film Uccellacci e Uccellini, rivolto a Ninetto Davoli e a Totò. E' da questa citazione che Marco Belpoliti, saggista e scrittore, raccoglie la sfida per dire la sua versione, tra le molteplici finora ipotizzate, sulla causa dell'omicidio di uno dei più grandi intellettuali del nostro secolo.
Un saggio lucido, molto forte nelle sue supposizioni   e destinato sicuramente a scatenare molte  polemiche.
Qual'è stata la vera causa dell'omicidio? Secondo  Belpoliti, l’assassinio del poeta, sarebbe maturato unicamente nell’ambiente omosessuale.
Quindi non la vittima delle trame occulte che dal 1969 hanno intorbidito e manipolato la storia del nostro paese: l'assassinio per mano dei servizi segreti deviati o l'eliminazione dopo la scoperta degli autori degli attentati neofascisti.
Belpoliti crede che sia venuto il momento di fare i conti con quella morte di cui non sembriamo più in grado di liberarci. “Andare oltre Pasolini con Pasolini”, il pensatore, il moralista, l'intellettuale scomodo che è stato in grado di interpretare la grande mutazione antropologica italiana dagli anni sessanta in poi “mutando l'indifferenza o l'ostilità di un tempo in ammirazione sconsiderata, non solo di sinistra, ma anche di destra”.
Quattro capitoli curati nel dettaglio, dal primo processo per corruzione di minori e atti osceni in luogo pubblico fino alla morte sul litorale di Ostia,
in cui l'autore mette in luce la natura duplice del poeta friulano, espressa chiaramente nel capitolo “Doppio corpo”.
La polemica con Calvino sull'aborto, l'unica persona “civile e veramente razionale”, le foto di Dino Pedriali nella casa di Sabaudia, quelle singolari nel rifugio medioevale di Chia e il lavoro incompleto di Petrolio. Tutti particolari che vengono analizzati in modo acuto e preciso.
La modesta proposta di Belpoliti è di fare con Pasolini quello che lui ha fatto con chi l'ha preceduto, “nutrirci di lui e digerirlo”.
Destino che spetta solo ai veri maestri, superando così il “complesso-Pasolini” che tormenta ancora molti in Italia, parlando ancora di Pasolini, naturalmente.

La nuova sinistra americana e il movimento del maggio francese nelle interpretazioni di Herbert Marcuse e Raymond Aron - Giuseppe Gagliano





Se e' vero che dalla Storia si riesce a comprendere meglio il presente, il saggio di Giuseppe Gagliano- scrittore comasco, esperto di studi strategici ed Intelligence- ci da un aiuto considerevole. Un libro agile e scorrevole per spiegare il sessantotto americano e francese, attraverso le opinioni contrapposte di due tra i pensatori più attivi di quel periodo: Herbert Marcuse, il filosofo del “grande rifiuto” e Raymond Aron, l'intellettuale “controcorrente”, grande amico di Jean-Paul Sartre, che prese le distanze da tutti i movimenti sessantottini.
Ma non solo, l'autore intende offrire anche una chiave di lettura, puramente strategica, della logica che determinò la procedura antagonista del sessantotto, attraverso il paradigma di Vittorfranco Pisano -colonnello della Polizia militare dell'esercito americano-  relativo alla “conflittualità non convenzionale”.
In modo razionale e sintetico ci aiuta a capire le logiche  che portano ad un'azione di guerriglia o alla modalità operativa di un'azione non violenta, esponendoci inevitabilmente a riflettere sul passato per fare luce sugli eventi del  presente.



La nuova sinistra americana e il movimento del maggio francese nelle interpretazioni di       Herbert Marcuse e Raymond Aron

Giuseppe Gagliano

Edizioni UNI Service

pagine 59

euro 10,50

Gli Ultimi - Pino Petruzzelli



Parlare degli ultimi è come fare un viaggio dentro se stessi, attraverso le angosce, le paure, i timori di non riuscire in qualche cosa, di fallire in un sogno o in un traguardo della nostra vita. Nel suo ultimo libro, Pino Petruzzelli, raccoglie i pensieri di dodici persone conosciute durante i suoi viaggi nell'arco di una decina di anni. Fa parlare nobili perdenti che tirano dritti “in direzione ostinata e contraria”. Racconti che ci sconvolgono e allo stesso tempo ci fanno sentire molto fortunati, perchè è il paragone con le disgrazie altrui che ci porta ad apprezzare quel che si ha. Persone che riescono a tenere accesa, attraverso l'azione, la speranza di un possibile cambiamento. Albert Camus, nel suo brillante saggio “il mito di Sisifo”, sosteneva che la vera potenza umana non sta tanto nella capacità di sopportazione, ricordando appunto la perenne fatica di Sisifo, quanto nella volontà dell'uomo di rialzarsi e ricominciare.
Ecco che tutti questi “ultimi” ci danno una grande lezione di coraggio e di perseveranza, ci insegnano che l'importante è sapere ricominciare, rimettersi in gioco, anche dopo una sconfitta. Perché la speranza è l'ultima a morire.


Gli Ultimi
Vivere fuori dal coro

Pino Petruzzelli

Chiarelettere Editore

Pagine 224

Euro 14,00


martedì 13 marzo 2012

Libreria Torriani: Massimiliano Parente. L'inumano

Libreria Torriani: Massimiliano Parente. L'inumano: Massimiliano Parente, "L'inumano" (Mondadori, pagg. 288, rilegato, euro 19). Uscito oggi, è già qui in libreria (e inizio a leggerlo tra di...

domenica 4 marzo 2012

La selvaggia chiarezza - Franco Volpi




Era un mezzogiorno del 13 aprile del 2009 quando, per un assurdo scherzo del destino, in sella alla sua amata bicicletta a San Germano dei Berici, perde la vita Franco Volpi, uno dei massimi studiosi della filosofia a livello internazionale.
Filosofo e storico della filosofia, Volpi è stato uno tra i maggiori traduttori delle opere di Martin Heidegger, il filosofo che più di ogni altro ha spinto il pensiero oltre i canoni tradizionali del rapporto tra soggetto e oggetto, tra verità ed esperienza.
La sua preziosa attività di traduttore è stata fondamentale e a tratti persino illuminante, in grado di penetrare in profondità e di comprendere “la complicata macchina speculativa” del mago di Mess-kirch. Il ruolo di Franco Volpi è stato quello di chiarire alcune delle numerose oscurità del filosofo tedesco, illuminando le proprie traduzioni, non solo grazie ad una perfetta conoscenza della lingua, ma anche della cultura tedesca.
Le sue opere, come ricorda benissimo la bellissima introduzione di Antonio Gnoli, rappresentavano una perfetta lezione di umiltà, basata su poche ma efficaci regole: fedeltà, leggibilità e comprensibilità del testo tradotto, favorendo quest'ultima dallo strumento dei glossari, in cui Volpi spiegava con chiarezza l'uso e il significato del vocabolario Heideggeriano, spesso complicato ed oscuro.
Proprio perché consapevole che molte volte non si riusciva a dare la traduzione perfetta, egli cercò di arricchire l´apparato filologico e farne un mezzo indispensabile per chiunque si accostasse al testo tradotto.
Il presente volume raccoglie i saggi brevi, le avvertenze e le note introduttive che accompagnano l'edizione adelphiana degli scritti del filosofo tedesco, avviata da Volpi nel 1987 e curata per circa un ventennio.
Dall'introduzione al memorabile confronto tra Ernest Junger e Martin Heidegger di “Uber die Linie”, una tra le più acute e lungimiranti analisi del nostro tempo e della sua condizione di nichilismo, fino ai “Contributi alla filosofia”, stesi dal filosofo tra il 1936 e il 1938 nel corso di una totale riorganizzazione del proprio pensiero e una profondissima crisi personale, Franco Volpi ci accompagna lungo un percorso capace di svelare la segreta relazione tra il secolo che si è chiuso e il suo più “imbarazzante” testimone, che incarna il destino stesso della nostra epoca e della sua pensabilità.
Un saggio lucido e bellissimo nel ricordo di uno tra i più grandi studiosi della nostra epoca, tanto grandioso dal lato professionale quanto stupendo dal lato umano.


La Selvaggia chiarezza

di Franco Volpi

Editrice Adelphi

pagine 338

euro 16,00


I mimi - V.S. Naipaul




V.S. Naipaul è sempre stato considerato un autore controverso e contraddittorio, noto per il suo carattere burbero e le sue aspre polemiche, ma viene riconosciuto come uno tra i maggiori scrittori viventi. Trinidadiano ma naturalizzato britannico, si laurea ad Oxford nel 1950 iniziando un lungo viaggio attraverso il mondo per soddisfare la propria sete di conoscenza verso le culture altrui. Da allora i suoi scritti saranno sempre delle denunce contro l'oppressione e contro la disfatta sociale e culturale portata a termine dal percorso di una frettolosa decolonizzazione.
I mimi, romanzo uscito nel 1967 ed ora ristampato da Adelphi con la bellissima traduzione curata da Valeria Gattei, è proprio la storia di questo sogno irrealizzato, il racconto-denuncia in cui risulta chiaro come il rinnovamento sociale, l'indipendenza dei popoli decolonizzati, siano rimasti progetti stravolti e mal riusciti.
Il racconto narra la vicenda di Singh, giovane coloniale di origine indiana che, alla fine della seconda guerra mondiale, lascia la nativa isola caraibica Isabella, per andare a studiare a Londra, dalla quale tornerà con una moglie bianca e molti sogni nel cassetto. Divenuto imprenditore di successo, decide di entrare in politica, proprio in un delicato momento per la sua nazione, avviata verso l'indipendenza. Ma, mentre torna di nuovo a Londra per richiedere sussidi finanziari ed aiuto politico alla ex potenza coloniale, i suoi stessi compagni di partito ne approfitteranno per escluderlo dal potere. Inizierà, così, una vita condannata all'esilio dalla sua terra, in un albergo della periferia inglese, dedicandosi alla stesura delle sue memorie e riflettendo soprattutto sull'amaro destino cui il cittadino coloniale è votato: rassegnarsi ad essere una copia sfocata del colonizzatore.
La sua disillusione e il suo fallimento personale diventano una chiara metafora della disillusione e del fallimento dei suoi stessi concittadini e dell'intera società post-coloniale.
Proprio come un mimo, il colonizzato imita fino all'ultimo il colonizzatore, identificandosi completamente nel suo ex padrone, ne conserva tutti i lussi e i privilegi ma a farne le spese, questa volta, sarà soltanto la propria gente.
Nel 2001 V.S Naipaul ha ricevuto il Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: “..per aver unito una descrizione percettiva ad un esame accurato, incorruttibile, costringendoci a vedere la presenza di storie soppresse..”.

I Mimi

V.S. Naipaul

Editrice Adelphi

Pagine 324

euro 25,00

Tu contro di me - Jenny Downham



Jenny Downham ci riprova. Dopo il primo grande successo ottenuto nel 2008 con “Voglio vivere prima di morire”, in cui narrava la struggente storia di una ragazza sedicenne vittima di una grave malattia e desiderosa di “vivere” intensamente gli ultimi giorni della sua vita, ecco un nuovo e coinvolgente romanzo. Al centro del racconto, anche in questo nuovo libro, c'è un dramma adolescenziale e l'autrice si dimostra veramente abile nel costruire una storia ricca di suspense e di attimi veramente intensi, di grande impatto emotivo e sentimentale.
Il libro narra la storia di due famiglie completamente diverse, le cui vite sono destinate ad incrociarsi in maniera violenta e definitiva.
Da una parte c'è la famiglia McKenzie, una famiglia che vive nel disagio più completo, con una madre depressa ed alcolizzata e tre figli costretti a vivere situazioni altrettanto complicate.
Dall'altra parte i Parker, una famiglia benestante e molto importante in città con due figli cresciuti nel lusso e nella serenità più completa.
Il dramma scoppia nel momento in cui Tom, il figlio maggiore dei Parker, viene arrestato con l'accusa di aver violentato Karin Mckenzie e subito messo in libertà vigilata grazie ai soldi e alle conoscenze del padre. Un fatto gravissimo per la famiglia Mckenzie, tanto che il fratello di Karin, Michael, decide di vendicarsi con le proprie mani, costi quel che costi, dato che in qualsiasi caso, la famiglia Parker riuscirebbe comunque ad uscirne con le mani pulite. Nel momento decisivo della vendetta c'è però qualcosa che cambia i piani e si mette di traverso. E' l'amore, nato dallo sguardo che Michael scambia con Ellis, la sorella minore di Tom.
Da quell'istante tutto cambia completamente e il racconto si fa sempre più interessante e profondo.
La vendetta e l'amore si scontrano in un turbinio di emozioni, passioni e rimorsi si rincorrono e si confondono, fino a quando, dalla confusione più totale dei sentimenti diventa chiaro una sola cosa:
la verità è il principio supremo che rende l'amore il più nobile dei sentimenti umani. La verità su quel fatto drammatico deve venire alla luce. Un racconto che svela quanto l'amore sia una cosa più grande di ogni dramma, una cosa che riesce anche, talvolta, a salvare ciò che sembra perduto in partenza.

Tu contro di me
Jenny Downham
editore Bompiani
pagine 390
euro 18,90

Sillabario goloso - Grandi e Tettamanti





Quello del cibo è uno fra gli argomenti che non mancano mai nella letteratura. Addirittura, gli autori di questo libro, ritengono che non esista romanzo in cui, prima o poi, si mangi o si beva qualche cosa.
Laura Grandi e Stefano Tettamanti non sono nuovi a questo tipo di esperienza.
Hanno già pubblicato altri libri sul tema enogastronomico come “Il calendario goloso” (1999), “Nuovo calendario goloso” (2000) e “Atlante goloso” (2001).
Eccoli ora in libreria con il loro ultimo lavoro, il “Sillabario goloso”, con cui gli autori hanno voluto ricostruire un menù “letterario” che attraversa tutta la giornata. Partendo dall'acqua, “parte integrante del modo di parlare, e di nutrirsi, di tutte le genti del mondo”, passando dalle colazioni agli aperitivi, dagli antipasti ai pranzi, dagli spuntini alle cene.
Attraverso un ben congegnato itinerario del gusto è possibile conoscere e farsi un'idea delle varie personalità descritte nei vari capitoli, in quanto è oramai opinione comune il pensiero che già Ludwig Feuerbach aveva sostenuto in una sua famosa opera del 1862 dal titolo “Il mistero del sacrificio o L'uomo è ciò che mangia”. Questa implicita coincidenza tra essere e mangiare può sembrare alquanto bizzarra, ma è comunque vero, come sostiene il filosofo tedesco che, malgrado tutto, se siamo, è perché mangiamo. Persino Aristotele, nella Metafisica, ricorda che “la filosofia nasce quando l'uomo ha risolto i suoi bisogni primari” e tra questi, quello di mangiare.
E' molto divertente leggere di alcune curiose abitudini alimentari degli scrittori e degli stessi personaggi dei loro romanzi che, in alcuni casi, si sbizzarriscono tanto nell'arte culinaria quanto nelle loro opere. Una per tutte, per esempio, la stravagante e alquanto stramba prima colazione di Leopold Bloom, protagonista dell'Ulisse di Joyce che, giusto per iniziare al meglio la giornata, prevedeva rognoni di castrato alla griglia, ottimi per il piacere avventuroso di avvertire al palato un fine gusto di urina leggermente aromatica.
Virginia Woolf, invece, ebbe un rapporto conflittuale con il cibo, ma era consapevole di quanto fosse importante. In una delle sue tante lettere, scritte tra un romanzo e l'altro, precisa: “Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene se non si è mangiato bene”. Tra curiosi aneddoti ed interessanti richiami storici, gli autori hanno voluto includere anche alcune ricette, per darci la possibilità di gustare realmente quello che abbiamo assaporato con il solo pensiero. Buona lettura, anzi, buon appetito.

Il Sillabario Goloso

Laura Grandi e Stefano Tettamanti

Editore Mondadori

pagine 310

Euro 18,00

Un doppio sospetto - Arnaldur Indridason




A Reykjavik, capitale dell'Islanda, in un appartamento poco distante dal centro, viene rinvenuto il cadavere di un uomo: ha circa trent’anni, indossa una maglietta da donna e giace in una pozza di sangue con la gola tagliata di netto. L'agente Erlendur Sveinsson è partito per i fiordi orientali, inseguito da quei fantasmi del passato che lo tormentano incessantemente, e ad occuparsi del caso, questa volta, è la collega Elìnborg. Proprio a lei tocca il difficile compito di scavare nelle pieghe nascoste della vita apparentemente senza macchie del giovane ucciso. Emergerà un'agghiacciante storia di violenze, silenzi e vendette, storie misteriose di una realtà remota ma tutt'altro che dimenticata.
Un doppio sospetto” può essere senza dubbio considerato il nuovo capolavoro dello scrittore Islandese Arnaldur Indridason.
Un giallo costruito ad arte, pagina dopo pagina, capace di catturare l'attenzione del lettore e di tenerlo incollato alle pagine, dalla prima all'ultima, senza sosta.

Un doppio sospetto

Arnaldur Indridason

Editore Guanda

pagine 320

Euro 18,00

Libreria Torriani: Gianni Vattimo. Della realtà

Libreria Torriani: Gianni Vattimo. Della realtà: Gianni Vattimo, "Della realtà. Fini della filosofia" (Garzanti, pagg. 240, euro 18). Il libro è un'antologia di testi inediti di Vattimo su...

Zagreb - Arturo Robertazzi




Zagreb è la pronuncia croata di Zagabria, capitale e maggiore città della Croazia. Ed è proprio in questo luogo che si snoda il drammatico racconto di Arturo Robertazzi.
Nel suo romanzo d'esordio, l'autore, che vive e lavora a Berlino, ci racconta una storia che ha per sfondo il cupo e crudele paesaggio della guerra che, nei primi anni Novanta, travolse la ex Jugoslavia, trasformando quei territori in un campo di orrore e di morte.
La vicenda narrata si svolge nell'arco di un'intera settimana in cui i vari personaggi, impietosi e loro malgrado inconsapevoli, assumono le sembianze, caratteristiche di qualsiasi conflitto, di vittime o di carnefici.
La realtà della guerra, della sua brutalità, capace di trasformare semplici persone in spietati aguzzini e, altre, in vittime di un destino a loro avverso. E' la banalità del male, in cui inconsapevoli volontari, braccia intenzionalmente inconsapevoli di qualcun altro, rendono il tutto estremamente comune e banale, come descritto perfettamente nella riflessione lucida e sempre attuale di Hannah Harendt.


Zagreb
Arturo Robertazzi
Ed. Aìsara
pagine 128
euro 14,00




Drugs - Nove racconti italiani





L'inclinazione frenetica dell'uomo per tutte le sostanze, salutari o rischiose, che esaltano la sua personalità, testimonia della sua grandezza. Perché aspira sempre a riaccendere le proprie speranze e a elevarsi verso l'infinito. Ma bisogna vedere i risultati.”
In questo modo, nella sua opera “I paradisi artificiali”, Charles Baudelaire, tentava di dare una significativa risposta all'attitudine, tutta umana, di spingersi sempre oltre ai limiti delle proprie possibilità.
Nove autori italiani tra i più importanti della narrativa contemporanea, in questo libro, raccontano nove storie che hanno un unico filo conduttore: i disagi e le debolezze che possono portare ognuno di noi, spesso inconsapevolmente e molte volte addirittura volontariamente, a vivere situazioni anomale, imprevedibili ed inattese. Storie fantastiche che si intrecciano a realtà quotidiane, in cui la fragilità dell'uomo è messa a nudo e, di conseguenza, la libertà annullata .La dipendenza è come “un essere mostruoso” che prende le redini della nostra vita, del nostro corpo e ancora peggio, della volontà umana, conducendoci inevitabilmente alla perdizione.
Non c'è nessuna via di uscita nelle vite dei nove personaggi di questo libro. Nessuna luce in fondo al loro tunnel. Tutto è destinato a peggiorare.
La storia di un vecchio in difficoltà economiche divenuto corriere della droga per sopperire alle continue spese; un ciclista divenuto campione dopo una vita di sacrifici, costretto a discolparsi in un processo in cui è accusato di far uso di doping; la terribile lettera di una madre, giovane brillante e in carriera, che si ritrova a far uso di eroina per cercare di sopportare psicologicamente il fatto di avere una figlia che, in realtà, non ha mai desiderato. Personaggi alla continua ricerca dell'oblio, del benessere psico-fisico, a costo della stessa vita.
Come avviene nel racconto futuristico “Cosmedin”, di Gianni Biondillo, in cui il protagonista è schiavo di una droga del futuro capace di farlo “viaggiare” in realtà parallele, per uscire fuori dal pantano, dalla solitudine, dall'abbandono, dalla disperazione. “Mi spacco il cuore, friggo il sistema linfatico, squaglio le ossa. Ma sto bene, per un po”.
Un invito ad interrogarsi sulle paure, la solitudine, la difficoltà di vivere e di resistere; momenti della vita che, prima o poi, capitano a tutti noi.


Drugs
Nove racconti italiani
Autori vari
edizione Guanda
pagine 240
euro16,50

Il comico - Joseph O' Connor





Irlanda 1975. A Glasthule, un piccolo paesino di campagna sulla costa irlandese, Paddy è un bambino di soli sette anni, inconsapevole che proprio in questo anno la sua vita cambierà radicalmente. Un anno di quelli che non scherzano e che quando finirà, niente sarà più come prima: i continui litigi famigliari; la fuga in Inghilterra della madre; l'amicizia con un'anziana signora che diventa per la famiglia quasi un angelo custode; la vicinanza del padre, comico per diletto, l'unico in grado di aiutarlo a crescere e a insegnarli a ridere delle storture del mondo. Joseph O'Connor, in sole ottanta pagine, concentra tutta la sua abilità di grande scrittore in questo breve ma intenso romanzo, in cui la realtà può apparire nuda e cruda nel suo lato più drammatico.
Una storia di formazione irlandese, come dice il sottotitolo. La commovente storia di un bambino che si ritrova adulto troppo presto, in quel fatidico anno, a soli sette anni.


Joseph O'Connor
Il Comico
Editore Guanda
pagine 78
Euro 10,00

Quanti giorni dopo di lei - Julia Glass


Il destino è una della parti integranti della nostra esistenza. Che lo si voglia o meno, crudele o benevolo, agisce sulla nostra vita modificandola o addirittura, molte volte, capovolgendola.
Nel romanzo di Julia Glass, considerata una delle migliori scrittrici americane degli ultimi anni, è proprio il destino a travolgere la vita di Percy Darling, settantenne dalle abitudini quotidiane oramai consolidate.
Dopo l'assurda morte della moglie Poppy, trent'anni prima, la sua esistenza era immersa nell'assoluta monotonia, tra la passione per la lettura, quella per i vecchi film e le nuotate nello stagno di casa.
L'ultimo suo desiderio è quello di trasformare il vecchio granaio in una scuola materna per bambini, anche per aiutare la sfortunata figlia Clover, alle prese con una crisi coniugale e la mancanza di un'occupazione.
Il destino ha però in serbo molte altre cose per Percy, costretto ad affrontare nuove impensabili situazioni e, soprattutto, il ritorno di un sentimento che oramai aveva soppresso e dimenticato, l'amore.

Quanti giorni dopo di lei
Julia Glass
Giunti editore
608 pagine
euro 18,00